Nel 2021 si è parlato molto dell’inquinamento dato dal mining di Bitcoin, con persino l’intervento di alcuni politici che ne hanno proposto il ban a causa del presunto inquinamento provocato.
Su questo argomento hanno parlato praticamente tutti, compresi coloro che non hanno alcuna conoscenza di mining o di criptovalute. Ma quanto inquina realmente Bitcoin?
Il problema si è posto inizialmente quando gran parte del mining avveniva in Cina, in farm dove si utilizzava il carbone o altre risorse altamente inquinanti. Nel momento in cui il governo cinese ha bannato il mining delle criptovalute per motivi politici, ha involontariamente fatto un gran favore a Bitcoin stesso, che ora viene estratto in mining farm locate in altri paesi dove si utilizzano energie alternative.
Infatti, la ricerca appena compilata dalla società di investimento di asset digitali CoinShares suggerisce che l’impatto di Bitcoin sulle emissioni di carbonio è minimo, soprattutto se confrontato con il sistema finanziario globale.
Quanto ha inquinato Bitcoin nel 2021?
CoinShares, che negli ultimi mesi ha cercato di riformulare il dibattito sul consumo energetico di Bitcoin, stima che la rete del mining di Bitcoin sia stata responsabile di 41 megatoni (Mt) di emissioni di CO2 nel 2021, rispetto ai 36 Mt dell’anno prima. Anche se sembra molto, è meno dello 0,08% delle emissioni globali di carbonio, un numero che CoinShares definisce “irrilevante”. Utilizzando una stima del 2019 di Galaxy Digital, le emissioni annuali dell’intero sistema finanziario sono di 130 Mt. Gli Stati Uniti sono stati responsabili di 5.830 Mt di emissioni di CO2.
Secondo CoinShares la paura verso Bitcoin sarebbe esagerata, definendo il suo consumo di energia “molto frainteso”. L’azienda ribadisce la sua convinzione che Bitcoin è un grande vantaggio per la società il cui costo ambientale è piccolo ma necessario.
In ogni caso, CoinShares ritiene che il consumo energetico dato dal mining diminuirà perché la rete è progettata per interrompere la creazione di BTC nel tempo. Entro pochi decenni, l’utilizzo di energia passerà dal mining di BTC verso la domanda del mercato per il regolamento di transazioni bitcoin attraverso le commissioni di transazione offerte ai miner dai consumatori. Agli osservatori esterni, potrebbe sembrare la stessa cosa, ma rimuovere il mining dall’equazione consente un confronto più diretto con altre reti finanziarie, come Visa e Mastercard.
Inoltre, CoinShares teorizza che l’energia utilizzata diventerà più pulita perché i miner sono più mobili delle industrie tradizionali e possono trasferirsi in luoghi in cui vengono costruite energie rinnovabili a basso costo, quasi indipendentemente da quanto possano essere remote le località. CoinShares prevede che i miner sfrutteranno sempre di più il gas naturale che viene creato come sottoprodotto dell’estrazione nei giacimenti petroliferi. È già stato pubblicizzato in Texas come un modo sostenibile per riutilizzare il gas che altrimenti andrebbe bruciato. Secondo i calcoli di CoinShares, usarlo per l’energia può effettivamente ridurre le emissioni di gas serra.
Il gas è un sottoprodotto della produzione di petrolio, ovvero viene generato involontariamente mentre si estre petrolio. Sebbene il gas sia una fonte di energia, spesso viene bruciato perché barriere economiche, normative o tecniche allo sviluppo dei mercati del gas e delle infrastrutture ne impediscono l’utilizzo. Durante questo processo di combustione vengono prodotte quantità significative di metano che non sempre è possibile stoccare e rivendere.
Allestire delle mining farm nei pressi dei giacimenti petroliferi, permetterà di utilizzare questo gas per alimentare il mining di Bitcoin, che risulterebbe quindi ad impatto zero sull’inquinamento globale.